“Un percorso tra i luoghi della tolleranza e dell’inclusione della Provincia di Trieste: una guida”

La profondità delle ricerche storiche in questo progetto si è incontrata con i new media, ne ha sfruttato le potenzialità fino a creare una sintesi armonica. Un incontro tra Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia e Divulgando srl.

Un concetto chiave, 12 studiosi, 12 luoghi e 12 tematiche, 12 video, 1 sito web, 1 pdf sfogliabile, 1 applicazione per iPhone/iPad e 1 App per Android.

La tolleranza, l'inclusione, concetti che hanno caratterizzato l'anima di Trieste fin dal Medioevo.
Una politica oculata che prima rese Trieste Porto Franco nel 1719, poi promulgò una coppia di leggi per facilitarne l'afflusso di genti diverse, come ebrei, levantini, tedeschi, svizzeri, inglesi, armeni.
Il risultato fu quello di una città ricca e cosmopolita, adatta ai commerci e ai traffici marittimi in un clima di libertà personali.
Nel corso del Novecento le vicende politiche e belliche hanno disegnato nuovi confini e nuovi stati, mutando così anche l'animo della città.

Questa guida vuole proprio farceli riscoprire, guidandoci con mappe georeferenziate su ognuno dei 12 luoghi trattati, ascoltando le parole degli studiosi che ci fanno rivivere le antiche atmosfere. Si passa dai resti archeologici del colle di San Giusto, alle chiese e ai cimiteri delle varie confessioni cittadine, ali caffè storici, ai luoghi dei commerci e del massoni, fino ad arrivare al vecchio manicomio, ai ricreatori comunali e ai suggestivi scorci della Val Rosandra.

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Progetto realizzato da:
Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia
Progetto realizzato con il contributo della Provincia di Trieste
Partner di progetto:
Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Trieste
Deputazione di Storia patria per la Venezia Giulia
Istituto Jacques Maritain
Centro Studi elvetico-valdese “Albert Schweitzer”

Ricerche fotografiche: Michele Pupo
Referenze fotografiche: Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte del Comune di Trieste; Michele Pupo; Archivio Divulgando Srl
Progetto grafico, realizzazione App e sito web: Divulgando Srl
Realizzazione video: Michele Pupo

Dalla tolleranza all’inclusione

 

di Giovanna Paolin


La parola “tolleranza” oggi è vista giustamente con sospetto. Tolleranza infatti significa accettare qualcuno o qualcosa, ma quasi come un peso da tollerare, appunto, non comprendendo per contro la scelta di riconoscere all’altro parità e piena dignità, la via cioè dell’inclusione. È comunque un termine che ha una nobile tradizione ideologica. Nella prima età moderna l’Europa si trovò dilaniata dalle lotte politiche e religiose, con persecuzioni dolorose messe in atto equamente dai diversi schieramenti ma facilmente identificate dalla voce popolare con la sola storia delle Inquisizioni cattoliche, prima quella medievale, poi quelle iberiche e quella romana. Non fu facile il compito di quei pensatori che fin dal Cinquecento, per citare solo Erasmo da Rotterdam e Sebastiano Castellione, tentarono di aprire un dibattito sul concetto di tolleranza, di quanti come Montaigne meditarono sulla relatività delle differenze. Fu il solo sovrano di Ungheria Giovanni II a raccogliere questa sfida, fino a promulgare nel 1568 un editto di tolleranza contro le discriminazioni religiose, mentre la Pacificazione di Augusta (1555), l’Editto di Nantes (1598), o la pace di Vestfalia (1648), ebbero una valenza ideologica assai più limitata. Il viaggio dei puritani Padri Pellegrini (1620) alla ricerca di una nuova terra di libertà sembra una buona immagine di quanto l’Europa faticasse ad accettare nel suo seno le diversità ideologiche. Lo sviluppo del pensiero però, in particolare dal pieno Seicento, avviò gradualmente la scoperta di modelli nuovi e la stagione poi dell’Illuminismo seppe, nelle sue diverse anime, dare frutti straordinari, pensatori come Locke e Voltaire seppero dare contributi fondamentali allo sviluppo dell’idea di tolleranza. Si esplorarono tra l’altro nuove frontiere in campo giuridico e in quello politico. Questo percorso complesso ed entusiasmante portò infatti alla scrittura di testi fondamentali sui diritti, alla Costituzione americana, alla Dichiarazione francese. Questi documenti sono rimasti come tappe centrali nel cammino dell’Occidente, ma la strada verso una vera capacità di inclusione, la conquista di un riconoscimento di parità capace di allargarsi a tutti sarebbe stato ancora lungo e difficile, fino ad oggi. La lotta per eliminare le discriminazioni, di ogni tipo, sembra infatti riaccendersi costantemente sotto la pressione di tensioni e paure, specie nei momenti di crisi.

La piccola città di Trieste fin dal Medioevo aveva, forse per necessità di sopravvivenza, di fatto adottato un costume di inclusione delle diverse anime del territorio, costume che era sopravvissuto, con qualche momento di difficoltà nella seconda metà del Seicento, fino alla decisione imperiale di apertura del Portofranco (1719). Da Vienna allora si scelse di dar vita ad una nuova politica di economia portuale e nei decenni successivi venne deciso, ovviamente, di mettere in atto una politica capace di attirare investitori di ogni provenienza. Come d’uso per queste istituzioni, vennero concesse delle patenti, che garantivano ai diversi gruppi libertà di associazione e di rito. Il più tardo e generale Editto di tolleranza (1781) emanato da Giuseppe II risultò in realtà molto meno aperto rispetto alle locali patenti già in possesso alle diverse comunità e semmai si rivelò importante la scelta di riordinare amministrativamente e vendere delle proprietà ecclesiastiche, come l’antica chiesetta di San Silvestro, che passò così a quella che è oggi la comunità elvetico-valdese. Per questo la parola “Tolleranza” a Trieste è evocativa di un’epoca e di eventi molto importanti. In una città posta nell’ambito di un impero multinazionale, divenuta rapidamente cosmopolita e ricca di personalità impegnate nel commercio internazionale, nelle assicurazioni e nelle imprese di navigazione, basti ricordare tra tutti i baroni Pasquale Revoltella e Karl Ludwig von Bruck, molti guardavano con disincanto e libertà a diversità e confini, statali o di gruppo. Questo clima inclusivo, pur ormai limitato dall’idea di tolleranza, restò quindi in qualche modo sotteso al modo di vivere locale, anche se dall’Ottocento in poi travagli drammatici funesteranno queste terre, ideologie e tensioni nazionali porteranno a situazioni quanto mai amare e difficili, prima che potesse essere faticosamente riscoperta e rivalorizzata la preziosa strada dell’inclusione, del riconoscimento della ricchezza portata dall’accoglienza delle diversità.




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